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Giornale di Brescia 13-03-2012

Giornale di Brescia 13-03-2012

14/03/2012

Frutti di bosco: business piccolo, ma saporito

 

Si contano praticamente sulle dita di una mano e contribuiscono da sole a mantener vivo nella nostra provincia un business prezioso ma «di nicchia»: la coltivazione dei frutti di bosco. Capaci grazie a un instancabile lavoro quotidiano di immettere sul mercato una media di 20-25 quintali di prodotti a testa ogni anno, tra more, lamponi, mirtilli, fragoline, ribes, castagne e noci, le aziende agricole montane sono una presenza fondamentale per la salvaguarda del «biologico di qualità», quello che privilegia la difesa dei sapori nostrani, la lavorazione meticolosa della terra, e la resistenza nel presidio del territorio della nostra montagna.

 

È merito del lavoro di piccole aziende come la Pesei di Tavernole sul Mella, la Biodase di Pertica Bassa e la Cancarini Giuseppe di Pezzaze, se a Brescia si possono ancora trovare al mercato sotto casa le marmellate che hanno il gusto inconfondibile della natura, o se continua a non mancare la possibilità di acquistare in pasticceria torte guarnite con fragoline e lamponi saporiti e profumati, di quelli capaci di far «squagliare» le papille gustative.


Un compito prezioso quindi quello dei coltivatori bresciani dei frutti di bosco, che ai nostri giorni merita di essere raccontato quasi come un piccolo miracolo, visto che grazie all'alta qualità dei prodotti riescono a ritagliarsi un preciso spazio commerciale, e nonostante mille difficoltà reggono colpo su colpo il confronto con i colossi della distribuzione.

«È una professione di sacrificio ma anche di grandi soddisfazioni - raccontano Amedeo Materossi e Abramo Sabatti, titolari dell'azienda agricola Pesei - come del resto ogni attività che dipende dall'energia e dall'abilità delle mani. Quassù abbiamo messo a dimora coltivazioni per circa due ettari di terreno, tra more, ribes nero e rosso, lamponi, fragole, prugne, sambuco e rosa canina, ma per sostenere il nostro business abbiamo anche allestito un laboratorio dove trasformiamo la frutta in confettura, sia la nostra che quella di altri coltivatori, perché è più facile vendere le marmellate piuttosto che il prodotto fresco».

 

La difficoltà più grossa del mestiere però non è coltivare. «Nonostante i rischi legati al tempo meteorologico, che decide spesso le fortune e le quantità, il destino delle nostre aziende dipende dalla capacità di accedere ai mercati e riuscire a vendere -gli fa eco dai 750 metri della valtrumplina Pezzaze Giuseppe Cancarini, produttore delle marmellate biologiche Gioè, nel settore dal 1982-. Per reggere la concorrenza della grande distribuzione ci rivolgiamo ai mercatini biologici, quelli a "chilometro zero", dove c'è la possibilità di fidelizzare il cliente, facendo commercio ma anche cultura, e dove spieghiamo alla gente il differente valore tra un barattolo che costa cinque euro e quello che al super mercato costa due e mezzo».

 

E la crisi? E le sfide del futuro? «Abbiamo risentito della crisi solo in piccola parte -confida il titolare di Biodase Gian Franco Flocchini- e anche se qualche richiesta è venuta a mancare dalla rete dei punti vendita, la distribuzione al dettaglio non si è ridotta. Per gli anni a venire vedo il mestiere dell'agricoltore sempre più legato alla capacità di vendere in proprio, senza deleghe. Solo così si potranno salvare i margini».

 

Giornale di Brescia del 13-03-2012

 



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